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.... ANTICO  MULINO  BERETTA   25  Giugno  2016

 

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     L'ultimo mugnaio svela i segreti del mulino maestro
  Giuseppe Muscionico: «Non venderò mai questo posto Ma sarebbe bello creare un museo al suo interno»


CAMNAGO VOLTA  - C'è una formula segreta della migliore farina per la polenta che da più di cento anni si tramanda in una famiglia di mugnai di Camnago Volta. È nella memoria di Giuseppe Muscionico, 64 anni e ultimo discendente ad aver imparato il mestiere. Con gli insegnamenti del nonno e dello zio Nino che prima di lui hanno appreso dal suo bisnonno a distinguere il granoturco migliore, ad ascoltare il rumore della macina e riconoscere al tatto i tipi di macinato. Muscionico ha sempre dato una mano in famiglia anche se è stato prima litografo alla vecchia Testoni e poi tipografo per venti anni alla Provincia. Il Mulino Beretta - detto maestro per la grandezza - è stato l'ultimo a fermarsi negli anni Ottanta ed è l'unico tra i nove della Valle del Cosia che ha mantenuto la struttura originaria. È antico: all'epoca di Volta lì sorgeva un convento con la famiglia Beretta nel 1892. Muscionico è cresciuto imparando tutti i segreti del meccanismo che era tra i più moderni del tempo, «Permetteva per esempio di passare dal granoturco alla farina per la polenta già pronta senza setacciarla a mano - illustra - sono felice di avere imparato il mestiere. Spesso andavo con mio nonno e poi con mio zio quando giravano con cavallo e carretto. Quando tornavano con il cavallo carico gli andavamo incontro». I sacchi più piccoli di farina pesavano anche 80 chili, fino ad un massimo di un quintale. Al mulino si macinava per la vendita ma si lavorava anche per terzi: «Sotto le feste per chi aveva maiali da ingrassare o per farina di pizzoccheri e polenta - ricorda - spesso si macinavano anche 80 chili di farina all'ora, non esistevano ferie solo Natale e Ferragosto ma bastava poco per fare festa: ogni linara che deviava le acque del Cosia e si mangiava con chi veniva ad aiutarci».Muscionico ha conservato persino ago per riparare i sacchi e occhiali per proteggersi quando si lavorava la pietra della macina per renderla ruvida. Farne un museo? «Servono soldi per la messa in sicurezza ,l'interesse non é mancato per esempio da parte della "Città Possibile"e di Lanfredo Castelletti direttore dei Musei Civici - spiega - Azzurra Patti ha scritto la tesi e con il fotografo Mirko Corrias ha curato una mostra in Biblioteca a Como supportata anche dal Fai». La certezza è che l'ultimo mugnaio continuerà a prendersene cura: «Mai pensato di venderlo o trasformarlo, è parte della mia vita e un pezzo di storia».

I mulini - Dalla seconda metà del Diciottesimo secolo e sino alla metà del secolo scorso, i mulini di Camnago Volta erano cinque: mulino Longatti a Campora, mulino Trombetta nella zona sottostante l'attuale Cimitero Nuovo, mulino Malacrida presso il Navedano ove tuttora esiste l'omonimo ristorante, mulino Arcellaschi in località Ravanera ove oggi sorge una villa residenziale e mulino Beretta sotto la cascina Paradiso a pochi passi dalla località ove sorgeva una fornace di laterizi. I numerosi mulini che costeggiavano il torrente Cosia e la roggia che da esso si staccava venivano utilizzati per macinare il grano ed utilizzavano a tale scopo la forza idraulica che provvedeva a far girare la grande ruota che serviva ad azionare le macine. L'unico mulino della valle che rimase attivo per quasi tutto il Ventesimo secolo era posto in via Navedano. Di proprietà della famiglia Beretta, già censito nel 1720 ha cessato la sua attività nel 1983, ma è tuttora completo delle sue attrezzature (tramoggie, macine, ingranaggi, buratti). All'esterno dispone ancora della deviazione della roggia Molinara dal torrente Cosia, che serve per azionare la ruota, ruota in legno di larice che in alcuni punti porta i segni di usura dovuti all'età. Questo è l'ultimo mulino esistente a Como ed è locato a poche decine di metri dall'ex fornace di mattoni.

La fornace - Camnago Volta deve parte della sua storia alle sponde del torrente Cosia (è ignoto il reale significato del suo nome, il più accreditato fra i molti è "Acquosa" riferito alla valle in cui scorre, ipotesi accettata anche dallo storico Giovanni Battista Giovio). Le sue rive furono da sempre popolate da tintorie e tessiture. La più antica tessitura e tintoria era situata nel convento degli Umiliati posto all'inizio dell'attuale via Pannilani, strada che corre lungo il torrente Cosia e così denominata con chiaro riferimento al lavaggio dei panni di lana nel torrente, lavaggio che avveniva dopo la tintura. Un'alta attività di Camnago legata al torrente Cosia, in aggiunta a quella moIitoria e a quella della tessitura, era la fornace di mattoni. Edificata all'inizio del Novecento e ammodernata sotto la direzione di Piero Ponci era una vera "macchina architettonica" costruita in mattoni per produrre mattoni attraverso un ciclo produttivo tradizionale: terra, acqua, legno, fuoco, laterizio. La fornace demolita il 13 novembre 1995, poi in parte recuperata, senza però l'originaria alta ciminiera in mattoni era un monumento di vera archeologia industriale. Il suo forno circolare Hoffman per la cottura di laterizi, era l'unico impianto superstite del genere nel nostro territorio

Testi   FRANCA  RONCHETTI